Un’estate a Palazzo. Può sembrare in apparenza l’intestazione di una sinfonia fatta di putrido snobismo e democratica decadenza, ma - in estate - anche la mondanità va in vacanza, dando in pasto così a spiagge e riflettori un’imponente dose di spicciola socialità, ammassi in serie di corpi sudati e appicciati, o rari esemplari di ventri asciutti cosparsi di fanghi naturali e bende anticellulite in stile mummia di Saqqara. Quando poi, spiaggiati con una posa da foche monache, osserviamo l’arrivo spietato di una nuova stagione pronta a travolgerci come uno tsunami, ci tuffiamo imperterriti in un baccanale di positivismo morale fatto di buoni propositi ed irraggiungibili obiettivi, non consapevoli che - effettivamente - c’è ancora spazio per una serie di “to do” per un crepuscolo di fine estate. Ecco allora, puntuale come il Doomsday Clock, l’elenco dei promemoria di una stagione che sembra finita, ma non lo è.
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